
L’individualità dell’Anima è il dogma cardine di ogni religione.
Una teoria come l’individualità dell’Anima può essere accettata per vera soltanto se soddisfa la ragione. E se spiega tutti i fatti che abbraccia: se vi è un solo fatto che la smentisce, allora non è la verità assoluta.
L’uomo ha tre alternative: il niente (ateismo); l’assorbimento nel tutto ( Panteismo); l’individualità dell’anima prima e dopo il trapasso o morte o transizione. Q quest’ultima credenza ci conduce invincibilmente la logica; ed è quella che costituisce la base, il dogma cardine di ogni religione, da che mondo è mondo.
Se la logica ci conduce all’individualità dell’anima, ci conduce anche ad un’altra conseguenza: la sorte di ogni anima deve dipendere dalle sue qualità personali. Poiché sarebbe irrazionale ammettere che l’anima arretrata dell’uomo più “brado” e quella dell’uomo perverso stiano allo stesso livello dell’anima del sapiente e dell’uomo onesto. Secondo giustizia, le anime devono avere la responsabilità delle loro azioni. Ma perchè siano responsabili, è necessario che siano libere di scegliere tra il bene e il male: senza libero arbitrio vi è fatalità, e con la fatalità non può esservi responsabilità.
Tutte le religioni hanno ammesso il principio della sorte felice o infelice delle anime dopo il trapasso. Delle pene o beatitudini future, che si riassume nella dottrina del Cielo e dell’inferno, presente dovunque. Esse differiscono essenzialmente, tuttavia, per quanto riguarda la natura delle pene e delle beatitudini. E soprattutto per le condizioni che possono portare alle une o alle altre. Ne conseguono articoli di fede contraddittori che hanno dato origine a culti diversi. Ed a doveri particolari imposti da ciascuna religione per onorare Dio, e quindi per guadagnarsi il cielo ed evitare l’inferno.
IL GRADO DI AVANZAMENTO MORALE ED INTELLETTUALE.
Ogni religione, all’origine, ha dovuto essere proporzionale al grado di avanzamento morale ed intellettuale degli uomini. Costoro, ancora troppo legati alla materia per comprendere i meriti delle cose puramente spirituali, hanno fatto coesistere gran parte dei doveri religiosi nel compimento di riti esteriori. Per qualche tempo, queste forme sono bastate alla loro ragione; in seguito,, da quando nel loro spirito si è fatta strada la luce, essi sentono il vuoto che le forme lasciano dietro di sé. E se la religione non lo colma, abbandonano la religione e diventano filosofi.
Se la religione, in linea di principio appropriata alle conoscenze limitate degli uomini, avesse sempre seguito il movimento progressivo dello spirito umano, non esisterebbero increduli (atei). Perchè è nella natura dell’uomo avere bisogno di credere, e quindi l’uomo crederà se gli verrà dato un nutrimento spirituale in armonia con i suoi bisogni intellettuali.
L’uomo vuole sapere da dove viene e dove va. Se gli si mostra un fine che non corrisponde né alle sue aspirazioni né all’idea che egli ha di Dio, né ai dati positivi fornitigli dalla scienza; se per giunta gli si impongono condizioni di cui la ragione non gli conferma l’utilità, egli rifiuta tutto; il materialismo e il panteismo gli appaiono ancora più irrazionali, poiché lì si discute e si ragiona. Si ragiona falsamente, è vero, ma è meglio ragionare falsamente che non ragionare affatto.
(l’individualità dell’Anima è il dogma cardine di ogni religione).
ABBANDONARE IL MATERIALSIMO E IL PANTEISMO.
Ma se gli si presenta un avvenire in condizioni logiche, degne di tutto e per tutto della grandezza, della giustizia e dell’infinita bontà di Dio .L’uomo abbandonerà il materialismo e il panteismo, dei quali avverte intimamente il vuoto, e che avrà accettato in mancanza di qualcosa di meglio. Lo Spiritualismo offre qualcosa di meglio, ed è per questo che viene accolto da quelli che sono tormentati dall’incertezza pungente del dubbio. E che non trovano ciò che cercano nelle credenze e nelle filosofie volgari; ha dalla sua la logica del ragionamento e la sanzione del fatto, ed è per questo che è stato combattuto inutilmente.
L’uomo, istintivamente, ha fede nell’avvenire. Ma poiché fino ad oggi non ha avuto una base certa per definirlo, la sua immaginazione ha partorito i sistemi che hanno portato a credenze tanto diverse. Poiché la dottrina spiritualista dell’avvenire non è frutto di un’ immaginazione più o meno ingegnosa. Ma il risultato dell’osservazione dei fatti materiali che si svolgono sotto i nostri occhi, raccoglierà, come ha fatto finora, le opinioni divergenti o incerte, e porterà a poco a poco, per forza di cose, all’unità su questa fede, non più basata su di un’ipotesi ma su di una certezza.
L’unificazione, determinata da ciò che riguarda la sorte delle anime, sarà il primo punto di avvicinamento tra i diversi culti. Un passo decisivo dapprima verso la tolleranza religiosa, poi verso la fusione.
(L’individualità dell’anima è il dogma cardine di ogni religione).
PAURA DELLA MORTE. PERCHE’ GLI SPIRITUALISTI NON TEMONO LA MORTE.
L’uomo che abbia superato la condizione di selvaggio, su qualunque gradino della scala si trovi, ha il sentimento innato dell’avvenire; l’intuizione gli dice che la morte o trapasso come sarebbe meglio dire, non è l’ultima parola dell’esistenza. E che coloro che piangiamo non sono perduti per sempre. La fede nell’avvenire è intuitiva, e infinitamente più diffusa della credenza del nulla. Come avviene allora che, tra quanti credono nell’immortalità ed individualità dell’anima, si trova ancora un attaccamento così forte alle cose terrene, e una paura così grande della morte?
La paura della morte è un effetto della Provvidenza e una conseguenza dell’istinto di conservazione comune a tutti gli esseri viventi. È necessaria, finchè l’uomo non è illuminato a sufficienza sulla condizione della vita futura. .uale contrappeso alla tendenza che, senza tale freno, lo porterebbe ad abbandonare prematuramente la vita terrena e a trascurare l’attività di quaggiù, che deve servire al suo avanzamento. Per questa ragione, nei popoli primitivi l’avvenire è soltanto una intuizione vaga. Poi una semplice speranza, e infine, più tardi, una certezza, ma sempre controbilanciata da un segreto attaccamento all’esistenza corporea.
NUOVA CONSAPEVOLEZZA CIRCA LA VITA FUTURA.
Quando l’uomo comprende meglio la vita futura, ne ha una nuova consapevolezza, la paura della morte diminuisce. Ma nello stesso tempo, comprendendo meglio la sua missione terrena, egli attende la fine con calma maggiore, con rassegnazione e senza timore. La certezza della vita futura, dell’immortalità ed individualità dell’anima dà un nuovo corso alle sue idee. Un altro scopo alla sua: prima di avere questa certezza, lavora per l’avvenire senza trascurare il presente, poiché sa che il suo avvenire dipende dalla direzione più o meno buona che egli dà al presente. La certezza di ritrovare dopo il trapasso i suoi cari, di continuare i rapporti che ha avuto sulla Terra, di non perdere il frutto del suo lavoro. Di crescere incessantemente in intelligenza ed in perfezione, gli dà la pazienza di attendere e di sopportare le fatiche momentanee della vita terrena.
La solidarietà che egli vede tra i morti e i vivi gli fa comprendere quella che dovrebbe esistere tra i vivi; la fratellanza ha allora una ragione di essere e la carità ha uno scopo nel presente e nell’avvenire. Per liberarsi dalla paura della morte, bisogna vederla nella sua vera prospettiva. Bisogna essere penetrati, con il pensiero, nel mondo spirituale, ed essersene fatta un’idea il più possibile esatta: il che, nello Spirito incarnato, denota un certo sviluppo e una certa attitudine a liberarsi dalla materia. In quanti non sono ancora sufficientemente progrediti, la vita materiale ha ancora la meglio su quella spirituale..
l’uomo, aggrappandosi all’esteriorità, vede la vita soltanto nel corpo, mentre la vera vita è nell’anima; quando il corpo viene privato della vita, tutto è perduto e l’uomo si dispera. Se, invece di concentrare il pensiero sull’involucro esteriore, lo portasse sulla fonte stessa della vita, sull’anima che è l’essere reale, che sopravvive a tutto, rimpiangerebbe meno il corpo. Causa di tante miserie e di tanti dolori: ma per arrivare a questo è necessaria una forza che lo Spirito acquisisce soltanto con la maturità.
( L’individualità dell’anima è il dogma cardine di ogni religione)
TUTTO SI RISOLVE CON L’EVOLUZIONE DELLO SPIRITO..
la paura si indebolisce via via che si forma la certezza: e scompare quando la certezza è completa. Ecco l’aspetto provvidenziale della questione. Era saggio non abbagliare l’uomo, la cui ragione non era ancora abbastanza forte per sopportare la prospettiva troppo positiva e troppo seducente di un avvenire. Che l’avrebbe indotto a trascurare il presente, necessario per il suo avanzamento materiale ed intellettuale. Questo stato di cose è mantenuto e prolungato da cause puramente umane che scompariranno con il progresso.
(…) Un’altra ragione che lega alle cose terrene anche quanti credono con la maggiore fermezza nella vita futura è l’impressione, da loro conservata, dell’insegnamento ricevuto durante l’infanzia. Il quadro che ne fa la religione, è doveroso riconoscerlo, non è né affascinante né consolante. Da una parte, si vedono i contorcimenti dei dannati che espiano tra le torture e le fiamme eterne. ( per la verità questa è una concezione dell’aldilà molto medievale, e che la Chiesa Cattolica sta superando come concetto di pena eterna). Gli errori di un momento, perchè i secoli si succedono ai secoli senza speranza di mitigazione né di pietà; e, cosa ancora più terribile, perchè il pentimento è inefficace. Dall’altra parte, le anime languenti dei vivi che pregano o fanno pregare per loro, e non dai loro propri sforzi per progredire.
NON CI SONO ELETTI CHE GODONO UNA BEATITUDINE CONTEMPLATIVA.
Queste due categorie costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione dell’altro mondo. Al piano più elevato vi è quella ristrettissima degli eletti, che per tutta l’eternità godono una beatitudine contemplativa. Questa inutilità eterna, senza dubbio preferibile al nulla, è tuttavia di una monotonia fastidiosa. Non a caso si vedono, nei quadri che rappresentano i beati, figure angeliche che sembrano irradiare noia più che autentica felicità.
Un simile stato non soddisfa né le aspirazioni, né l’idea istintiva del progresso che sembra essere la sola compatibile con la felicità assoluta. Si fatica molto a concepire che l’uomo ancor “infante” spiritualmente ed intellettualmente. Ottuso nel significato morale del termine, per il semplice fatto di aver ricevuto il battesimo dalla sua religione, sia sullo stesso piano di colui che è arrivato alle vette più alte della scienza e della morale pratica, dopo lunghi anni di lavoro. È anche meno concepibile che il bimbo morto in tenera età, senza avere coscienza di se stesso e dei propri atti, goda degli stessi privilegi. Grazie ad una cerimonia in cui la sua volontà non ha avuto parte. Questi pensieri turbano anche i devoti più ferventi se appena appena cominciano a riflettere.
( L’individualità dell’Anima è il dogma cardine di ogni religione)
IL PROGRESSO SPIRITUALE NON SI ACQUISISCE MEDIANTE I RITI.
L’attività progressiva che si svolge su questa Terra sarebbe vana per la felicità futura. la facilità con cui essi credono di acquisire tale felicità per mezzo di certe pratiche esteriori. La possibilità di comprarla addirittura con il denaro senza modificare seriamente il carattere e le abitudini, lasciano quindi intatto tutto il valore delle gioie del mondo. Molti credenti dicono a se stessi che, siccome il loro avvenire è assicurato dall’osservanza di certe formule, o da donazioni postume che non li privino di nulla. Sarebbe superfluo imporsi sacrifici o fastidi di qualunque genere per il bene altrui, dato che ci si può salvare lavorando esclusivamente per sé.
Certo non tutti la pensano così, poiché vi sono anche splendide eccezioni: ma non si può negare che questo è il pensiero della stragrande maggioranza, soprattutto delle masse poco illuminate. E che l’idea generale delle condizioni per essere felici nell’altro mondo contempla anche l’attaccamento ai beni di questa terra, e di conseguenza l’egoismo.
Si aggiunge ancora che, comunemente, tutto contribuisce a far rimpiangere la vita terrena, e a far temere il passaggio dalla terra al cielo.
MORTE, IL SONNO DI TRANSIZIONE.
La morte è simboleggiata soltanto da cerimonie lugubri che atterriscono invece di suscitare la speranza. Se ci si rappresenta la morte, la si vede sempre sotto un aspetto ripugnante, mai come un sonno di transizione; tutti i suoi simboli ricordano la distruzione del corpo. La mostrano orribile e scheletrita: nessuno simboleggia l’anima come si libera, radiosa, dai legami terrestri, come una farfalla che esce vittoriosa dal bruco. Il più felice dei trapassi da questo mondo è accompagnato dalle lamentazioni dei superstiti. come se a coloro che se ne vanno toccasse la sventura più grande; si dà loro un eterno addio, come se non li si dovesse rivedere mai più; si rimpiangono, per loro, le gioie di quaggiù, come se non potessero trovarne di più grandi. Che sventura, si dice, morire quando si è ancora giovani, ricchi, felici e si ha davanti a sé un brillante avvenire!
L’idea di una condizione più lieta sfiora appena il pensiero, poiché non ha salde radici. Tutto contribuisce, quindi, a ispirare il terrore della morte, invece di far nascere la speranza. L’uomo impiegherà senza dubbio molto tempo a sfatare questo pregiudizio. Ma vi arriverà via via che la sua fede si rafforzerà , via via che si farà un’idea più sana della vita spirituale.
(L’individualità dell’Anima è il dogma cardine di ogni religione)
LA CHIESA CATTOLICA HA SUPERATO IL VECCHIO MEDIOEVO.
La comune credenza, inoltre, colloca le anime in regioni a malapena accessibile al pensiero, nelle quali diventano, in qualche modo, estranee ai vivi; persino la Chiesa Cattolica pone tra le anime ed i viventi una barriera invalicabile. Dichiara che ogni rapporto è spezzato, che ogni comunicazione è impossibile ( perlomeno questo, la Chiesa d’altri tempi perchè anche oggi, nella fraternità cattolica c’è più apertura a riguardo, e il vecchio medioevo è stato superato).
La Dottrina spiritualista cambia completamente il modo di vedere l’avvenire. La vita futura non è più un’ipotesi, ma una realtà; lo stato delle anime dopo la morte non è più un sistema, è il risultato di una osservazione. Il velo è tolto: il mondo spirituale ci appare in tutta la sua realtà pratica. Non sono gli uomini che hanno scoperto attraverso una concezione ingegnosa, sono gli stessi abitanti di quel mondo che vengono a descriverci la loro situazione; noi li vediamo su ogni gradino della scala spirituale, in tutte le fasi della felicità e della infelicità; assistiamo a tutte le peripezie della vita d’oltretomba.
LE PROVE SCIENTIFICHE A SOSTEGNO.
Tale fiducia, da parte degli spiritualisti, nel mondo dell’oltre, e nella individualità dell’anima che sopravvive ed in condizioni migliori se ha lavorato bene sul piano terrestre. E’ la certezza, sono ormai anche le prove scientifiche a sostegno di quella che un tempo poteva essere solo un’ipotesi. I motivi di questa fiducia quindi stanno nei fatti di cui sono testimoni e nella concordanza tra tali fatti e la logica. Tra la giustizia e la bontà di Dio e le aspirazioni intime dell’uomo.
L’Anima non è più un’astrazione, ha un corpo etereo che ne fa un essere ben definito, che il pensiero abbraccia e concepisce; è già molto, per fissare le idee sulla sua individualità- individualità dell’Anima – sulle sue attitudini e sulle sue percezioni. Il ricordo di quanti ci sono cari poggia su qualcosa di reale. Non li si immagina più come fiamme fuggitive che non evocano nulla al pensiero, bensì sotto una forma concreta che ce li mostra quali esseri viventi. Inoltre, anziché essere perduti nelle profondità dello spazio, essi sono attorno a noi. Il mondo corporeo e il mondo spirituale sono in rapporti perpetui, e si assistono reciprocamente. Poiché il dubbio sull’avvenire non è più ammissibile, la paura della morte non ha più ragion d’essere: la si vede giungere rimanendo sereni, come una liberazione, come la porta della vita, e non come la porta del nulla.
TRATTO DAL LIBRO- “Opere Postume” – di Allan Kardec.

