
Il Furore del Realismo sociale di John Steinbeck.
“Furore” è un libro che John Steinbeck compose di slancio, con passione e compassione e, infatti, nel pieno Crac della grande depressione economica degli anni ’30, si esalta dalla disperazione di molte anime, il furore del realismo sociale, così sono chiamati i poveri di quell’epoca; figli del Realismo sociale, un realismo poco felice che sa di disperazione.
Libro americano, che più americano non si può, “Furore” racconta una storia di biblica intensità, appunto, un’epopea in cui si susseguono le vicende della famiglia Joad dell’Oklahoma, lungo la Route 66, fino alla California: è il Furore del realismo sociale americano di quegli anni; figli della povertà, dei sogno, della speranza.
Quella dei personaggi del romanzo è una filosofia spicciola ,che assume però i contorni di un pensiero epocale, la marcia verso la ricca California, la Terra promessa, ammantata di ricchezza e prosperità e il salvifico esodo che lascia acceso un sogno, l’aspirazione alla prosperità, alla felicità, che consiste fondamentalmente, in un lavoro sicuro, onesto che garantisca il necessario per la sopravvivenza e non ha pretese del superfluo. Questa è la felicità della gente comune, figli del Realismo sociale il cui unico desiderio è la dignità di “essere”, esistere come uomini, donne, figli, genitori anelanti ad una vita senza fronzoli e orpelli, semplicemente aspirare ad un tetto per ripararsi e al piatto in tavola quotidiano.
(Il Furore del Realismo Sociale americano negli anni ’30. John Steincbeck).
L’IMPETO CONTRO LA GRANDE DEPRESSIONE.
La prosa di Steinbeck, frutto dell’impeto e dello sdegno contro le conseguenze della grande depressione, accompagna, sostiene e mitizza l’epopea di un popolo verso la nuova casa, l’agognata prosperità; costoro si sono incamminati sulla “mitica” Route 66 , per sfuggire alla miseria portando avanti la loro aspirazione verso la felicità , ricchi solo di un tremulo sogno. Ma arrivati in California, i Joad scoprono di essere estranei in patria; scoprono che la prosperità esiste ed esisterebbe per tutti se l’industrializzazione del’agricoltura con le sue macchine e i suoi trattori non fosse una forza demoniaca- dietro la quale, nell’ombra, stanno le banche – che interviene nell’idillio tra l’uomo e la terra per incrementare la produzione a dismisura: “la terra è feconda, i filoni sono ordinati, i tronchi sono robusti, la frutta matura. E i bambini affetti da pellagra devono morire perchè da un’arancia non si riesce a cavare profitto….”
E’ la storia che si ripete e ritorna impetuosamente ai nostri giorni, rivisitata in chiave moderna, poichè ciò che si evolve è la teconologia non certo l’animo umano; l’animo di chi siede sul trono istituzionale, ancorato disperatamente ai suoi demoni: potere, egoismo, superbia.
UN MANIFESTO DI DENUNCIA.
Nell’animo degli affamati i semi del Furore sono diventati acini vittime di soprusi e di violenza al pari delle migliaia di sventurati che cercano di sopravvivere; i Joad sono protagonisti di una storia da sempre incasellata sotto l’etichetta di “Realismo sociale“. “Furore” è il grande affresco letterario in cui John Steinbeck fa il suo manifesto di denuncia sdegnato ma non può e non deve essere preso come la premessa di un progetto politico, poichè, oltre all’indignazione, si sovrappone ed interviene un altro motivo: è la convinzione dell’esistenza occulta ma attiva,, di un istinto collettivo, di un’aspirazione -spontanea in natura – a cui ci si affida per tenere assieme la famiglia degli umani nella loro evoluzione.
Steinbeck è un uomo e uno scrittore che prescinde dalla mode e dai formalismi e va diritto a quella parte antica e irriducibile della personalità che si chiama ‘cuore’ e in questo sogno è compresa la speranza e l’aspirazione per un mondo migliore.
( Il Furore del Realismo sociale americano negli anni ’30. John Steinbeck)
ESTRATTO DAL LIBRO: CAPITOLO 12
La Route 66 è la principale strada migratoria. La 66, lungo il sentiero d’asfalto che attraversa la nazione, serpeggiando dolcemente su e giù per la carta, dal Mississippi a Bakersfield, attraverso le terre rosse e le terre grigie, inerpicandosi su per le montagne, superando valichi e planando nel deserto terribile e luminoso, e dopo il deserto di nuovo sulle montagne fino alle ricche valli della California.
La Route 66 è il sentiero di un popolo in fuga, di chi scappa dalla polvere e dal rattrappirsi delle campagne, dal tuono dei trattori e dal rattrappirsi delle proprietà, dalla lenta invasione del deserto verso il Nord, dai turbinosi venti che arrivano ululando dal Texas, dalle inondazioni che non portano ricchezza alla terra e la depredano di ogni ricchezza residua. Da tutto ciò la gente è in fuga, e si riversa sulla Route 66 dagli affluenti di strade secondarie, piste di carri e miseri sentieri di campagna. La Route 66 è la madre , la strada della fuga.
…. I fuggitivi sciamavano sulla Route 66, a volte in auto isolate, a volte in piccole carovane. Di giorno avanzavano lenti sull’asfalto, di notte si fermavano vicino all’acqua. Di giorno, dai vecchi radiatori bucati zampillavano colonne di vapore con le bielle lasche che picchiavano a tutto andare. E gli uomini al volante di camion e auto sovraccariche ascoltavano inquieti. Quante miglia tra una città e l’altra? C’è sgomento tra una città e l’altra. Se qualcosa si rompe… be’, se qualcosa si rompe ci accampiamo qui mentre Jim va a piedi in città a comprare un pezzo di ricambio e…. torna e come stiamo a provviste?
A quant’è la prossima città Da ieri mattina che ho visto passare quarantadue carrette come la vostra. Dov’è che state andando tutti quanti? Da dov’è che state scappando?
Be’, la California è grande. Non è tanto grande la California. E nemmeno tutto ‘il paese è tanto grande. No che non lo è. Non è grande abbastanza. Non c’è abbastanza posto per voi e me, per quelli come voi e quelli come me, per i ricchi e i poveri tutt’insieme in un solo paese per i ladri e la gente onesta. Per chi ha fame e per chi ha la pancia piena. Perchè non ve ne andate da dove venite?
( iL Furore del Realismo sociale americano degli anni ’30. John Steinbeck)
Questo è un paese libero. Uno può andare dove gli pare.
Questo lo credete voi! Mai sentito parlare della polizia di frontiera della California? Sbirri di Los Angeles, prendono i bastardi come voi e li rispediscono indietro. Vi dicono: “Avete la patente? Fate vedere”. E ve la stracciano. Vi dicono che senza patente non si può entrare.
E’ un paese libero. Allora provate a fare qualcosa liberamente. Vi diranno che uno ha tanta libertà quanta ne può comprare. In California le paghe sono alte. Sta scritto su un volantino che mi hanno dato al paese.
Balle!! Ho visto un sacco di gente tornare indietro. Vi raccontano balle. La vuoi la gomma o no? Devo pigliarla per forza, ma così mi lasci al verde! Stiamo finendo i soldi.
… Gente in fuga sulla Route 66. E la pista di asfalto luccica come uno specchio al sole, e in lontananza il riverbero crea l’illusione di pozze di acqua in mezzo alla strada….
(Il Furore del Realismo sociale americano negli anni’30. John Steinbeck)
Steinbeck, testimone profetico, capace di indicare, oltre il baratro di una storia tragica come quella di “Furore“, la possibilità di un nuovo inizio . L’eterno presente di quel miracolo della creazione sempre in atto, che è nella natura delle cose organiche. Era destino che a porre fine ad un disastro come la Grande Depressione, seguito al crollo della borsa del 1929, fosse – dopo quindici anni- un disastro ancora più grande come la guerra mondiale, Hitler e la sua follia, l’odio razziale nazista, un razzismo certo non sconosciuto al popolo americano, di forma diversa ma spregevole ugualmente Questo però, è un altro discorso…..

